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I AM

I AM

 – Documentario, 80′ – Tom Shadyac, 2013

Il documentario

Tom Shadyac, regista comico di fama internazionale, in seguito ad un brutto incidente in bicicletta e a un difficile periodo di recupero, comprende che la vita che sta vivendo è senza metà, non ha un vero scopo. Si interroga quindi su cosa c’è di sbagliato nel mondo e cosa può fare il singolo per porvi rimedio. Inizia così un viaggio per intervistare illustri personaggi (scienziati, psicologi, teologi ecc) alla ricerca di risposte a queste due fondamentali domande.

Si evince che ciò che non va nel mondo non è opera dell’agire non etico di pochi, ma di un problema endemico diffuso. Fondamentalmente: modelliamo il nostro mondo sull’idea che bisogna diventare importanti, troppo spesso a spese di qualcun altro; che la via della felicità passi dal materialismo; che l’uomo sia un’entità separata dal resto della comunità vivente.

Fortunatamente oggi possiamo scientificamente provare che gli stati positivi, particolarmente quelli compassionevoli, sono salutari: funzioniamo meglio in uno stato di empatia, compassione e amore che non in uno stato di separazione. Inoltre, se capissimo che siamo interconnessi saremmo più inclini ad aiutarci a vicenda. 

In conclusione Shadyac, grazie alle parole del Dalai Lama,  evidenzia come sia cruciale mettere in pratica il proprio pensiero critico per capire dove indirizzare i propri talenti al fine di contribuire al miglioramento del mondo.

Il documentario si chiude con la ricetta per una quotidianità empatica: parla con i nemici, ispira la gioventù, prova la pace, elimina la povertà, prega e includi tutti.

Il regista trova quindi una risposta semplice e ficcante per entrambe le domande: “I am”.

Consigliato perché

SIAMO LA CAUSA E LA POTENZIALE CURA DI CIÒ CHE NON VA NEL MONDO.

Il regista compie un viaggio nel quale si interroga con realismo sul contributo di ogni essere vivente sulla Terra. “Abbiamo iniziato chiedendoci cosa ci fosse di sbagliato nel mondo, e abbiamo concluso scoprendo quanto c’è di giusto”.

IL CONCETTO DI FELICITÀ È PERSONALE.

Nella società occidentale le persone sono portate a prodigarsi con dedizione alla rincorsa di un’idea prefabbricata di felicità, automaticamente associata alla ricchezza economica, a un ruolo di potere all’interno della gerarchia lavorativa e sociale, ecc. Questo stereotipo anestetizza lo spirito critico del singolo e lo osteggia nella visualizzazione della propria dimensione felice.

SIAMO FORTEMENTE INTERCONNESSI AGLI ALTRI E A TUTTO CIÒ CHE CI CIRCONDA.

Non siamo soli e apparteniamo ad un grande sistema complesso. La meraviglia di questa dinamica, che la si voglia chiamare Natura o Dio, ci pone al centro di un’immensità accogliente.

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